L'alta valle in mountain bike - Gruppo Per la Valle Morobbia

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Percorso: Escursione in mtb
Dislivello: 1.463 m
Altitudine massima: 2.012 mslm.
Distanza: 27,6 km
Durata: 5 h
Regione: Bellinzonese
Partenza: Carena
Luoghi situati lungo il percorso: Carena - Alpe di Giumello - Bocchetta di Sommafiume - Alpe Albano - Il Giovo - Passo S. Jorio - Giggio - Carena
Indicazioni:
Tempo non pedalabile: il tempo totale per superare i tratti non praticabili in bike prima della Bocchetta di Sommafiume e diversi brevi tratti in discesa è di ca. 25 - 60 minuti (180 metri di dislivello). Periodo: maggio - novembre

Da Carena in Valle Morobbia pedaliamo tranquillamente in salita su una strada ricoperta di ghiaia verso l'Alpe di Giumello. Sempre più difficile si dimostra il successivo tratto che porta passando dal Piano delle Pecore al Buco di Giumello. Qui inizia la mezzora di percorso con la bike in spalla che porta alla Bocchetta di Sommafiume, il primo valico. Dopo una breve discesa lungo il Mottone di Giumello, in un continuo alternarsi di su e giù, proseguiamo verso l'Alpe di Giovo raggiungendo successivamente il prossimo passo, il Passo San Jorio. Il percorso verso Giggio si svolge su sentieri sassosi che attraversano prati dal caratteristico aspetto alpino. La seconda parte della discesa non si dimostra certo più semplice della prima: insidiosa, con molte curve e in parte un po' pericolosa, che richiede ripetute spinte a mano della bike. L'ultimo tratto del percorso fino a Carena lo percorriamo in salita.
Anticamente la Valle Morobbia era una importante via di transito che metteva in comunicazione Bellinzona con il Lago di Como. Negli ultimi secoli venne gradualmente esclusa dai traffici internazionali, ma il suo isolamento favorì la nascita del contrabbando, fonte di sostentamento essenziale per la popolazione locale durante le due guerre. Questi tempi duri ed eroici sono ormai lontani, ma i vecchi sentieri carichi di storia sono ancora gli stessi che oggi vengono percorsi dai turisti.
25 maggio il nostro giro parte da Carena, dove la bella strada asfaltata che si snoda lungo la parte bassa della Valle Morobbia lascia il posto ad un facile sterrato. Iniziamo a pedalare seguendo il percorso obbligato, e ben presto ci troviamo ad affrontare una stretta gola in cui le curve si succedono senza sosta, mentre ai nostri fianchi sfilano fitti boschi, scorci di fiume e le misteriose rovine di un'antica attività mineraria.
All'improvviso arriviamo ad una piccola radura, dalla quale si innalzano due ripidi valloni. Il nostro intento è di scalare quello di destra e poi ridiscendere da quello di sinistra. Prima di continuare la salita lanciamo però un'occhiata preoccupata al sentiero che dovremo percorrere al ritorno: stretto e sconnesso, dopo pochi metri sparisce tra la vegetazione, lasciandoci in pegno un punto interrogativo pesante come un macigno. La strada di destra comincia ad inerpicarsi su per i boschi con lunghi rettilinei. Una barriera vieta l'accesso al traffico motorizzato, ma è una vera benedizione per questa valle, che ha così potuto conservare intatta la sua purezza. Ed è una benedizione anche per noi, che possiamo pedalare respirando finalmente a pieni polmoni l'aria salubre dei monti. Il diradarsi dei larici ci preannuncia l'arrivo all'Alpe di Giumello, che si trova appena sopra il limite della vegetazione arborea. L'erba cresce rigogliosa sui grandi pascoli, e tra poche settimane farà la felicità delle vacche che passeranno quassù le loro vacanze estive. Ma ora questo piccolo paradiso appartiene solo a noi.
Presso le cascine, la strada si trasforma in una sconnessa mulattiera, che ci costringe a procedere con le marce ridotte. Alternando tratti ripidi a tratti più scorrevoli, arriviamo al Piano delle Pecore, dove la vista si apre su tutta la Valle Morobbia. Qui ci imbattiamo in un inatteso laghetto, tanto piccolo quanto vibrante nei suoi colori primari, che ritraggono tutto l'universo di montagne che ci circondano. Un largo sentiero prosegue verso sud e si rivela essere perlopiù pedalabile, almeno nella sua parte iniziale. È solo quando ci affacciamo a picco su un'impervia conca, il Buco di Giumello, che siamo costretti a smontare di sella. Il cammino è ancora largo, ma piuttosto esposto, e con il pensiero andiamo agli sfrositt che, carichi come muli, dovevano percorrerlo nel buio della notte per non farsi sorprendere dalle guardie di confine. Dopo una mezz'oretta con la bici in spalla arriviamo al primo passo della giornata, la Bocchetta di Sommafiume. Dall'altra parte c'è un nuovo mondo: i prati sono più dolci, le vallate più ampie ed erbose, e qua e là tra le creste appaiono alcuni luminosi spicchi del Lago di Como.
Per scendere seguiamo una tortuosa mulattiera, costruita durante la prima guerra mondiale assieme ad altre centinaia di chilometri di strade e di trincee, cicatrici indelebili che hanno sfregiato per sempre le montagne e l'animo degli uomini. Dopo un tratto in terreno aperto, la mulattiera si abbassa a tornanti e si insinua nell'ombra di freschi noccioli. Attraversiamo numerosi ruscelli, frutto delle intense piogge della notte precedente, e poi proseguiamo in diagonale a mezza costa, seguendo i cartelli per il Giovo. Salite e discese si succedono incessantemente, e a tratti scorrevoli ne seguono altri più sconnessi, cosicché il percorso non diventa mai monotono. Sullo sfondo il Rifugio Giovo risplende nel suo bianco vestito, e sembra attendere pazientemente il nostro arrivo. Quando infine lo raggiungiamo, il sole è già basso, e proietta lunghe ombre nella Valle San Jorio. Ci affrettiamo così a salire verso il passo, ma la stanchezza inizia a farsi sentire, e nonostante lo sterrato sia agevole, dobbiamo nuovamente fare ricorso alla corona più piccola. Sull'altro versante del San Jorio ritroviamo il sole, e ci buttiamo senza indugio verso le incognite che ci attendono giù nel fondo della valle. Il primo tratto di discesa si svolge su pratoni costellati di pietre di ogni dimensione, che a volte rendono molto difficile il transito in mountain bike.
Scendiamo seguendo le indicazioni per Giggio, con il Lago Maggiore sempre davanti a noi, gigantesco mirino che ci aiuta a trovare la giusta direzione. Raggiunto il vecchio demanio forestale di Giggio, ci spostiamo di qualche metro sulla destra per prendere il sentiero segnato in bianco-rosso che traccia una linea quasi retta nel bosco. I passaggi impegnativi si moltiplicano, ma riusciamo a stare in sella per gran parte della discesa, superando a piedi solo i tratti più esposti. Dopo un numero infinito di curve e controcurve, riemergiamo dal bosco poco sopra Carena. Alle nostre spalle, nell'intrico degli alberi, rimangono le ombre dei contrabbandieri: la notte appartiene solo a loro. Dislivello: 1.463 m


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