La Valle Morobbia ha storia e tradizioni simili alle altre valli del ticinesi, con una economia basata sull’agricoltura
e sulla pastorizia. Si distingue per l’attività estrattiva del ferro, di cui si ha traccia fin dal 1400, e per la quale rimandiamo alla pagina
specifica “Via del ferro”.
Agli inizi del secolo la valle Morobbia subì, come la maggior parte delle valli ticinesi, gli effetti negativi dell'emigrazione. Numerosi "morobbiotti" partirono per cercare lavoro un po' in tutta l'Europa e perfino in Australia. La meta privilegiata restò tuttavia la California, considerata l'Eldorado da chi cercava fortuna, ma che invece vi trovò assai più spesso solo duro lavoro come bracciante o guardiano di mandrie (cow-boy), privazioni e miseria. A casa restavano, con i vecchi, le donne che avevano il gravoso compito di allevare la famiglia e di mantenere in vita quella magra attività agricola e pastorizia, con miseri guadagni.
Era di contro fiorito un contrabbando che in quella fase si poteva definire "romantico" e sopperiva alle necessità di sopravvivenza, non solo della popolazione locale, ma di tutto il distretto.
Era esercitato per lo più da gente del posto, utilizzava la vecchia via pedestre del San Jorio, che nei secoli era caduta in disuso e favoriva il commercio fra i due versanti del confine. Infatti, s'importavano riso, pasta, salumi, stoffe e tappeti in cambio di sigarette, sale e caffè.
Sulle difficoltà di questo commercio molto è stato scritto e non mancano gli episodi, taluni singolari, altri drammatici, che avvenivano al di qua e al di là del passo. Molti e ingegnosi gli stratagemmi usati per eludere i controllo delle guardie di confine che, peraltro, talvolta chiudevano "un occhio". Questo contrabbando durò fino alla fine della seconda guerra mondiale quando le aumentate possibilità di approvvigionamento lo resero gradatamente inutile
Si continuò per un certo tempo con il contrabbando di sigarette, organizzato da qualche ristoratore locale, ma anche da rappresentanti di tabacco che si occupavano di preparare le "bricolle", i pesanti pacchi da affidare agli "spalloni". L'operazione avveniva direttamente sulla piazza di Carena, sotto gli occhi dei doganieri svizzeri, che non avevano nulla da obiettare poiché per il nostro Paese questo commercio era considerato regolare. Diversa l'accoglienza sul versante italiano dove le spedizioni notturne ebbero talora anche esiti fatali. Dopo qualche anno, il contrabbando preferì canali più facilmente accessibili e meno rischiosi e quest'attività cessò.
Nel dopoguerra, le condizioni di vita migliorarono e così pure le possibilità di lavoro, particolarmente nel pubblico impiego a Bellinzona e Giubiasco (nelle Ferrovie federali svizzere, in Posta, nell'Amministrazione cantonale), nelle nuove industrie del borgo (Linoleum -ora Forbo-, cappellificio, Ferriere Cattaneo) e nelle altre attività commerciali che man mano si erano installate sul Piano di Magadino.
Raccolta fotografica a cura di Sandro Bassetti.
Foto gentilmente messe a disposizione da:
- Duilio Bottinelli
- Marcella Salmina Codiroli
- Archivio dello Stato
- Archivio di Zurigo